N. 6. — Da una Cronaca universale.
Il presente brano e la traduzione di Boezio che segue, sono estratti da un medesimo codice, appartenente alla Biblioteca delle Missioni Urbane di Genova[1], dove porta il num. 46. Per l’età, si può assegnarlo alla prima metà del sec. XV; cartaceo, legato in pergamena, di mm. 275 per 190, mancante del primo foglio e di alcuni in fine. La numerazione è in cifre romane, della stessa mano che il codice; comincia col secondo quaderno e va poi senza interruzioni fino al f. 391, col quale il cod. ora termina. Eccetto, a quanto pare, un breve tratto del primo quaderno, materia forse aggiunta alquanto più tardi sulle pagine lasciate prima bianche, il cod. è tutto d’una stessa mano; ha iniziali maiuscole in rosso, ma rubriche nere; scritto, a cominciar dal Boezio, in due colonne, per motivo dei versi, quantunque il copista, una volta preso l’abbrivo, continuasse poi fino in fondo.
Ho detto che manca il primo foglio. Esso conteneva parte della ’Tavola’, il séguito della quale occupa ancora la metà anteriore del primo quaderno, cioè 5 carte, tranne il verso dell’ultima. Ma la carta, che ora dovremmo incontrare per la prima, si trova per uno spostamento ad essere la quarta. Nel verso della quinta, nelle 4 seguenti e nel recto della decima è contenuto il tratto, che abbiamo detto parer d’altra mano. Comincia: «In quelo tempo sapiando lo redemptor de la humana generation messer Jhesu Criste quello chi deueiua esser, cognossando za esser preuegnuo tanto presso ala soa morte e passion quanto era lo mercordi santo...» e termina: «... e la dolce maere lantora no lo cognosce, tanto lo aueiuam batuo e desfigurao. E cossi fini lo raxonamento de la gloriossa Vergem Maria cum lo so glorioso figio messer Ihesu Criste, la gracia de lo qua semper sea com noi. Amen.»
Col secondo quaderno comincia propriamente il codice. Esso contiene: dal f 1a al f. 89a una specie di compendio del Vecchio e del Nuovo Testamento; poi alcuni capitoletti sulla Vergine, 89b sgg., a cui s’accompagnano 28 miracoli di lei, 104a-118b, e uno dei noti ’Pianti’ 119a-124b; una lunga serie di ’Vite di Santi’ e di ’Sermoni’, che occupano non meno di 172 fogli; la leggenda di Barlaam e Giosaffat, 298a-313b; il primo capitolo della vita di Giuda Iscariota, 313b-314b, che non è se non un pezzo staccato della ’Cronaca’, con cui il volume comincia; poi: Como se comenssa lo sancto batessmo in Roma, e: Como la ueronicha fo trouaa e portaa in roma in lo tempo de tiberio Cessaro Imperao... 314b-318b; una leggenda di Santa Margherita, che va fino al f. 321b; la Vita di S. Giovanni Evangelista[*], 322a-356b, altra copia di quella pubblicata dall’Ive, Arch. VIII 30 sgg.[2]; de le questioim de Boecio, 357a-386a, per le quali è da vedere il
- ↑ Fu già brevemente descritto dal Banchero, Genova e le due Riviere, 513 sg., e dal prof. Template:AutoreCitato, ’Giorn. Ligust.’, a. 1882, 344 sg.
- ↑ Per rendere possibile il confronto, riferisco il principio della leggenda, secondo è dato dal mio codice:
Coci comenssa la nassiom e la uita fim a la morte de lo biao messer sam Zoane Batesto, como noi odirei apresso.
A losso de Dee e de la docissima vergem madona Sancta Maria e de lo biao e gloriosso messer sam Zoane Batesto, de lo quar noi vogiamo dir alcunna cossa a lo so honor e a delleto e conssollaciom de le annime, le quae sum soe deuote. E no intendo dir de le soe aotissime virtue , per so che e no sauerea , che anchora sum beneite da li sancti ; si che e no intendo de dir cossi soma altessa, ma uoio dir de la soa uita meditandolla e penssandola, aso che piceni e grandi chi la lezem si ge ponnam mente a le maim (sic). Che se la soa mente fosse deuota a meditar la uita de Criste e penssando de ello picem e grande cum la morte e ressurressiom soa e gloria, non e da lassiar per questo. Persso che penssar de ello e amar ello e l'otima parte, e questo de messer sam Zoane fassamo per dar recreatiom a le mente infferme e unna ouera fantiolescha, si che queste annime fantiole[s]che abiam unna leticia spirictual e cossi apparram a medictar, si che poa possam e sapiam intrar a meditar la vita de Criste e de la Dona nostra, soa maire. E se elli (no) troueram leticia in penssar la uita de li sancti in cotae cosse fanciolesche, quanto maormenti in penssar la uita de Criste, unde e tuta perffetiom? E auezando la mente a queste meditacioim bassete, saueram possa megio penssar e intrar a le grainde cosse de li sancti ; e cossi intreram a penssar de messer Ihesu Criste, chi a faiti cossi boim li soi sancti ....