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Ans. Ditemi un poco, fuor delle vostre parole avreste altra prova per farci sicuri, che non abbiate sul fondamento d’una verità inventata una favola.

Val. Il Capitano Spagnuolo, un sigillo intagliato in un rubino, che era di mio padre, un braccialetto d’agata, che mia madre mi avea posto al braccio sinistro, e finalmente il vecchio Pietro, quel servitore che meco si salvò dal naufragio.

Mar. Oh Dio! che sento? lasciate ch’io v’abbracci, caro fratello.

Val. Voi mia sorella?

Mar. Sì, al par di voi son io figlia di Don Tommaso di Campofiore. Le circostanze da voi narrate della sua disgrazia, e di ciò che alla vostra persona appartiene, concordano con ciò, che mi ha più volte raccontato mia madre. Quale sarà la sua gioja all’intendere questa lieta novella! Sappiate adunque, che in quel funesto naufragio il Ciel pietoso ebbe pur anco di noi cura. Ci fu salvata la vita, ma a costo della libertà, essendo state raccolte sopra un frantume del nostro vascello dai corsari, dalle mani de’ quali dopo dieci anni di schiavitù ci liberò un caso fortunato. Rimessi in libertà, ritornammo in Napoli, ove trovammo tutti i nostri beni venduti, nè potemmo, per qua-