mandava lacrime de iocunda devotione, tanto che del suo iocundo volto, como da una fontana clarissima, correan le lacrime che parea che pianzando gaudisse, non g cambiando mai il vizo in ruga, ni in deformitè per pianze. Et soleva dire de quelle che defformavam lo vizo in lo pianto, che paream spaventare Dio: dageno al Signore quello che ànno cum iocundità.
Le visione celestiale spesso vedeva in le soe oratione. Uno dì de quareizema, seando in ecclexia, stava sì attenta cum li öihi fixi et fermi a l'altare, como quasi se goardasse lì la presentia de Criste: onde per magno spacio consolata, fo piena de divina refectione. Da poi retornata a caza, seando per debelesa apozata al gremio o in lo scoso de la ancilla, et quella per la fenestra levasse a li celli li öihi fixi, de tanta ilarità fo pino il vizo suo, che etiamdio uno mirabile rizo sequità poi; la quale, seando longamenti letificata de così iocunda visione, subito in lacrime fo conversa. Tornando aprilre li öihi, era in quella iocundità che in prima; et cossì serrando li ögi, li rigà de lacrime: et cossì, fim a compieta, stete in tale consolatione. Et cossì tacendo totalmenti, infine disse: sì, Segnore, tu voi esser cum mi, et mi cum ti, et mi non voglio essere da ti separata. Poi, seando pregata da le ancile che, a honor de Dio et consolation de elle, devesse dir quello che avea veduto; per molta importunità e retrestimento [1], disse: mi ho veduto
- ↑ o recrescimento (G. Musso)