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680 FRANCESCO LUIGI MANNUCCI

e ritenibili quindi come aggiunte, non v'occorrono di fre- quente; pili rare poi sono quelle parafrasate. In massima convien dire che la traduzione procede di pari passo con il testo toscano, conservando intatti per pagine intere persin l'ordine delle parole e, col proprio significato spe- cifico, certi costrutti che, se le fossero giunti per il tramite di uno scritto francese intermedio o fossero stati attinti da un originale comune con il Giamboni, apparirebbero indubbiamente mutati nella forma, Eccone un saggio: GiAMiìONi, pag. 5. dice Seneca: Acconcia l'animo tuo e turbati del male e del bene ti allegra. E santo Pagolo disse: Tra gli allegri si dee 1' uomo ral- legi-are e tra' tristi turbare. Ma di questo t' ammonisco, perchè il dicono i savi, che delle tue avver- sitadi ti debbia tosto consolare e non vi debbia porre il tuo pensa- mento, se non in quanto credessi poterlo schencire o schifare, per- chè i miseri pensieri fanno misera la vita dell' uomo. E cotanto hae ciascuno inverso sé di miseria, quanto pensando se ne fa egli stesso. E chi sopra tutte le avver- sitadi che gl'incontrano nel mondo vorrà pensare, non sentirà mai che bene si sia; perchè questo mondo non è altro che miseria. E da Dio fue dato all' uomo perchè qui dovesse tribulare e tormentare e portasse pene de le sue peccata. Genovese, p. 116 del codice.

..... dixe Senecha: aconza l'animo to e turbate de lo mal e de lo bem t'alegra. E sam Polo dixe che inter li alegri se dè l'omo alegrare e con li tristi turbare; ma de questo t'amaystram, chi dixam li savi, che de le toe aversitae te deby tosto consolar e no ge debi meter lo to pensamento, se no in tanto como tu te creysse asminuyr o alegrar o schivar, perzochè li miseri pensamenti si fam misera la vita de l'omo. Unda çaschaum si a in si tanto de miseria, quanto ello mesmo pensando se fa. E chi in tute le aversitae chi venne a l'omo in lo mondo vorà pensar, no sentirea che bem sia, perzochè questo mondo no è atro cha miseria e da Deo fo dayto a l'omo perzochè ello ge devesse tribular e tromentar e portar penna de le soe peccae.

Ond'è che la lingua riesce un genovese toscaneggiante e che in ogni capitolo si rileva l'architettura aggraziata e schietta dei periodi toscani, anche in mezzo a frequentis- simi pleonasmi di casi obbliqui, a sconcordanze di nu-