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Il Doge scriveva allora a Giovanni Fregoso esser meglio così che se fossero arrivati sprovvisti di mandato[1]. Ma lo stesso giorno, tornando da Savona, il cancelliere Tomaso riferì sui fatti accaduti colà e sui progetti con­cretati dal Capitano. In tutta fretta si rimanda a quest’ultimo la galea Dentuto; il giorno dopo mercoledì alle ore 22, come gli si scrive, sarebbero partite altre quattro galee con gli uomini e gli apparati necessarii, per essere ad locum furca­rum sulla mezza notte del giovedì; su di esse si sarebbero imbarcati Manfredo Ravaschieri e il detto Tomaso. Si esortava pure Raffaele de Fornari a partire per la medesima destinazione lo stesso giorno ante solis occasum. Angelo Dentuto sarebbe andato a Stella per adunare uomini da Varazze, Celle, Albissola e Costa di Vado ed esser pronto a piombare su Savona, appena si fosse effetuato il progetto del Capitano e non prima. Anche quelli di Quiliano, amici alla causa di Genova, se necessario, dovevano concorrere all’impresa, che richiedeva la massima segretezza.

La spedizione delle navi — dice il Doge — forse poteva essere ritar­ data di un giorno[2]: ma in realtà si fu puntuali, perchè il 4 si dà ordine a Giovanni Fregoso di mandare a Genova cento savonesi ben guardati, fra cui alcuni indicati per nome, e di non permettere che merce savonese o geno­vese o di altri uscisse da quella città[3]. Il Doge adunque credeva che i progetti del Capitano fossero stati messi in esecuzione. E difatti le truppe e le triremi, arrivate improvvisamente sul far della luce, in un assalto repentino, si erano impossessate delle porte, delle torri e dei luoghi alti, e vi si erano messe a presidio; poi a poco a poco nello stesso giorno occuparono tutta la città. Si era prevenuto così il movimento insurrezionale, pronti a stroncarlo, se si fosse effettuato. Il 6 si adunò il gran Consiglio per trattare del modo come domare la ribelle. Il Cancelliere comunicò:

« Segnoi voi havei a intende bem e conseiar bem la materia la qual ve se reciterà. Li excessi e li dezordeni de li Saoneisi inver de questa communitae parem esser sì noti a cascum che sereiva perdicium de tempo voreiri aora arregordar. Questo se po’ dir in summa per vera conclusium che non pareiva che elli pensassem in altro ch’a in quelle cose chi fossem destrucium de questa citae. Persochè a lor non bastava navegar e non voler pagar li driti debiti, anti sofferivam e incitavam le nacioin forestere a far lo simile. Sì che a Saonna concorreivam Lombardi, Mofferim, Venetiain, Firentim, Catalaim e quasi de ogni altra nation chi naveghe como movui e incitae a far che quella terra fosse refugio de cascum a la destrucion nostra. Ni in questo regoardavam pati ni conventioin ni De ni boni costumi.Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

  1. Litterarum, Reg. 10, n. 380.
  2. Litterarum, Reg. 11, n. 223; e Reg. 10, n. 379.
  3. Litterarum, Reg. 10, nn. 382 e 83, 386, 87 e 88.